Gioia di papà | 7 marzo

Ti piacerebbe avere un bambino? Comincia così la commedia “Gioia di papà”. Una realtà molto italiana: la volontà di non procreare. Dunque, la vicenda di Giovanni Siani, affermato dentista eternamente fidanzato con Giulia, tutto preso dalle sue priorità e dalla determinazione a non compromettere uno status quo ideale con un figlio, diventa simbolo di molte coppie. Allora ecco pronto lo stratagemma. Come convincere uno scapolo, un “peter pan” refrattario ai bambini a cambiare idea?

Semplice. Con la simulazione, con il gioco, con l’equivoco.

L’aiuto di uno psichiatra, un’assistente e l’amico Attilio in ipnosi indotta costretto a una regressione dell’età evolutiva sono gli elementi dell’éscamotage architettato per far vivere a Giovanni Siani l’esperienza della paternità. Ma vivere una genitorialità imposta per senso d’amicizia gioca brutti scherzi. Si devono accettare le distruzioni domestiche, la naturale propensione dei maschi verso le mammine, le feste di compleanno con i parenti. Si finisce per accettare inconsapevolmente un’idea sempre rifiutata e soffrire quando c’è l’imprevisto che cambia le regole del gioco. Il protagonista vive in uno spazio tempo concentrato in diciotto anni. Tanti quanti sono necessari per curare la depressione di Attilio, in cerca della figura paterna. Rapporti complessi tra “cognati sottomessi alla vita” e in competizione, uomini che non vogliono crescere e donne moderne che chiedono molto. Gli equivoci non mancano e nemmeno le risate. In questa bella commedia non c’è una morale, se non quella che tutto si può fare, ma non prima di aver spento la diciottesima candelina.

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